
È il primo marzo 2018 sono seduta su un aereo, diretta verso quello che sarà il mio primo piccolo viaggio in solitaria. Be, tecnicamente è il secondo, il primo è stato appunto l’Australia, e non è stato neanche tanto piccolo.
E la prima domanda che vi farete è: “Perché hai scelto una meta così lontana?”
Domanda che mi sono sentita porre molte volte, al quale ho sempre risposto con “Perché volevo avere un’esperienza in un paese di lingua anglofona, ma il tempo nel Regno Unito non mi piace per niente!”.
A dirvi la verità sono arrivata un po’ per caso in Australia, non sapevo molto di questo continente, se non che è caldo, è grande ed è pieno di animali letali.
Sono state altre le circostanze che mi ci hanno portata: in Italia avevo un buon lavoro, che mi piaceva, visto che è quello per cui ho studiato (sono una terapista occupazionale, se non conoscete questa professione fate una googolata, così faccio un po’ di pubblicità!), vivevo nel mio bel bilocale, svolgevo le attività che mi piacevano e uscivo con gli amici a divertirmi…..e a questo punto vi chiederete “Allora perché mai sei partita?!”
La vera risposta è che realizzai che a 25 anni avevo già ottenuto tutto quello che pensavo essere quello che volevo, ma non ero felice. Non fraintendetemi non sto dicendo che ero pronta a tagliarmi le vene o che ero in una profonda depressione, ma direi che cominciavo ad essere annoiata della vita, ogni giorno era uguale all’altro, ogni settimana uguale a quella precedente e mi rifiutavo di vivere una vita così.Così presi la decisione di partire, mollai tutto e lo feci.
L’arrivo in Australia
L’arrivo in Australia fu per me come quando siete bambini e i genitori vi portano per la prima volta in un parco divertimenti, quella sensazione di ebrezza e adrenalina mischiate alla curiosità di vedere, sentire, assaggiare…. mi sentivo in cima al mondo con il potere di poter fare tutto!
Ovviamente questa sensazione durò qualche mese, dopo di che iniziai a scontrarmi con i primi problemi: un sistema diverso da quello italiano, la barriera linguistica, il ritrovarsi sola dall’altra parte del mondo….ma fidatevi quando vi dico che la natura umana è portata all’adattamento e così fu per me. Giorno dopo giorno riuscii ad affrontare i problemi che mi si presentavano, anche con il sostegno dei miei cari e dei miei amici in Italia, ma anche dei nuovi amici che avevo incontrato nel corso della mia piccola avventura.
Così nei sette mesi che ho vissuto a Brisbane ho fatto un corso d’inglese, cambiato 2 case, cambiato 2 lavori, fatto nuovi amici italiani e non, iniziato a parlare leggere e scrivere in una nuova lingua, scoprendo e vivendo tantissime cose che altrimenti non avrei avuto la possibilità di sperimentare; scoprendo così anche nuovi lati di me stessa che non conoscevo di avere.
Il lavoro in farm In Australia
Dopo sette mesi era arrivato il fatidico momento le tanto famigerate FARMS!
Ricordo ancora il giorno in cui sono partita da Brisbane per raggiungere un piccolo paese nell’entroterra chiamato Stanthorpe: ero in ritardo nel fare le valigie, aveva appena finito di piovere a dirotto e nel portare il mio pranzo in macchina caddi dalle scale e, inutile dire, che il mio pranzo si era completamente rovesciato per terra…..mi misi ad urlare in preda a un attacco isterico, ero triste e spaventata, ma sentivo che era un’esperienza che volevo fare e così impacchettai la mia roba e partii.
Insomma, posso dirvi che dopo 5 mesi di farms mi sento un’altra persona; è stata un’esperienza dura e bella nello stesso tempo che mi ha insegnato molto.
Mi sono ritrovata a fare lavori sia fisicamente ardui, come tagliare broccoli, che mentalmente, come fare la “cernita” di mele; ma oltre a questo ho sperimentato come una persona può diventare adattabile, come in fondo non ci servono grandi cose per vivere, (questo lo dico perché per un periodo ho vissuto in un appartamento condiviso, ma senza mobili! Con un ragazzo avevamo comprato un materasso che appoggiato per terra faceva il nostro letto, e il nostro armadio lo avevo costruito con una corda attaccata a dei tasselli che sporgevano dal muro) e di come la gente che non ha niente, è portata a condividere.
Ho incontrato molti backpackers da diverse parti del mondo e più volte ci siamo ritrovati a condividere il cibo insieme: dagli arancini, ai dumplings, all’hokonomyaki!
Tutto questo mi ha lasciato dentro un senso di serenità e una convinzione: che quando tu sei positivo e aperto alla vita, anche lei lo è con te; per dirlo con una parola che a me piace molto (oltretutto ne ho scoperto l’esistenza prima in inglese che in italiano!): serendipity, in italiano serendipità, l’atteggiamento o forse meglio dire lo stato psicologico che può avere un individuo quando non si fa aspettative riguardo a ciò che accadrà; ciò gli permetterà di vivere ogni avvenimento in maniera libera, godendo delle cose positive e prendendo in maniera meno seria quelle negative.
Oggi primo marzo 2018, seduta su un aereo verso la mia prossima destinazione, ascoltando la canzone di Ligabue “Leggero” posso dire di sentirmi così: leggera.
Cosa mi ha dato l’Australia
L’Australia mi ha dato la possibilità di imparare tanto e di vivere esperienze belle e profonde, di incontrare tante persone e di imparare ad essere più umile cercando di mettermi sempre nei panni degli altri, di non giudicare perché venivamo da culture diverse, di non lamentarmi perché c per confrontarsi e condividere i problemi; ai miei vari coinquilini che ho avuto per un anno!) che alle uscite davanti a una ta’è sempre chi si faceva il c**o più del mio, di vivere la vita con gli occhi di un bambino e la pazienza di un anziano.
Insomma il mio consiglio è: provate, rischiate, vivete!
Ultima cosa, ma non per questo meno importante (poi prometto di non tediarvi più), vorrei ringraziare tutte le persone che ho incontrato in questo cammino e che mi hanno aiutata.
A Maria Clara per avermi aiutata nei miei primi mesi e per avermi dato la possibilità di scrivere questo articolo; ai miei amici che ho incontrato in Australia alle uscite per andare a fare una salsa, alle feste e alle ubriacate, ma anche alle chiacchierate davanti a una tazza di caffè (direi più cappuccino, visto che ho preso il vizio australiano di prendere il cappuccino a tutte le ore!) per confrontarsi e condividere i problemi; ai miei vari coinquilini che ho avuto per un anno, perché mi hanno sopportata (e, magari non lo direste, ma a volte so essere davvero una rompiscatole!); ai miei amici in Italia perché anche dopo un anno continuano ad esserci; alla mia famiglia, perché nonostante tutto mi ha sempre supportata e incoraggiata; a una persona, che ora è un amico speciale, con il quale ho potuto progettare e affrontare la prima parte di questo splendido viaggio; e infine a Chiara (si, sto ringraziando me stessa!) per non aver mollato ed essere andata avanti nonostante tutto cercando di prendere sempre la vita nel modo migliore, con serenità e spensieratezza.